Archivi del mese: febbraio 2008

Se per strada scorgete un essere umano che sembra volare – tale la velocità del suo incedere –  non crediate si tratti di una persona che ha dimenticato, nell’ufficio che sta per chiudere, di ultimare una pratica importante, di un pendolare che sta per perdere l’ultimo treno della giornata, di un medico che corre in soccorso al suo paziente morente, di una madre che rincorre suo figlio scappato via, di un’innamorata che raggiunge  all’aeroporto , come nei film, il suo amato per una dichiarazione last minute, di uno scippatore col rolex appena rubato in tasca.

E’ solo Jelinek che ha deciso di fare una passeggiata rilassante.

Perchè è ufficiale: Jelinek non sa passeggiare, non  cammina, lei, semplicemente, corre.

Ieri il suo ultimo record: casa-stazione del treno 4 minuti, la gente, mediamente, ne impiega dieci per una distanza simile.

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Aggiornamento

La situazione è ancora indefinita, mi si prospetta di rientrare nella mansione precedente, mi hanno perdonato?
Il fatto è che io sto meglio a fare quello che faccio ora, cioè quasi nulla!
Ma mi sa che non posso chiederlo, anzi se mi rimettono dov’ero devo anche ringraziare…

In ogni caso ancora è tutto da stabilire.
Io attendo comunicazioni dall’alto, ovvero aspetto la visita dell’arcangelo Gabriele!!!
Intanto seguo corsi, scrivo saggi, leggo libri, e a lavoro faccio nulla, meglio di così!
Che se avessi imparato davvero a fregarmene l’avrei presa nel modo giusto, non ci sarei rimasta tanto male, avrei dormito meglio e non avrei angosciato lui coi miei scleri.

Ma cos’avrò fatto  mai? Si chiedeva giustamente qualcuno.

Semplice: ho chiamato per nome una persona che non potevo "toccare", io non solo l’ho toccata ma l’ho chiamata pubblicamente con un epiteto non proprio edificante, anzi ne ho lasciato una sorta di documento scritto.

qui sul mio onore, smetterei di giocar con le parole,
ma è un vizio antico e poi quando ci vuole per la battuta mi farei spellare…
e sempre
infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio

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lavoro, varie ed eventuali

La situazione a lavoro è indefinita.

Ho fatto una cazzata, ma proprio una cazzata che mi sarei potuta evitare, e da fiorellino di campo sono diventata la pecora nera che bruca nel campo.

Ora non so domani che farò.

Anche perchè mi rendo conto che dovrei trovare il coraggio di mandarli a quel paese, perchè dopo una notte insonne, due giorni di pensieri sparsi e una situazione che tutto sommato, se vuol essere una punizione, a me sembra piuttosto un premio: nella nuova mansione non faccio nulla, praticamente, dicevo anche perchè nonostante tutto ciò mi angosci molto relativamente al mio immediato futuro io  non ne posso proprio più di quell’ambiente del cazzo dove vai avanti solo se lecchi i culi giusti, quelli che al momento vanno di più.

Ma ovviamente, solo perchè non possono mandarmi via prima che scada il contratto, stanno  aspettando il momento di presentarmi il benservito.

Io ho solo capito che loro non mi meritano.
Perchè io avrò pure sbagliato, è vero, ma una persona che lavora da due anni in un’azienda non si giudica per un errore, uno. E io sono una persona che va avanti con lo sguardo aperto, che si prende tutte le sue responsabilità, ma che, in ogni cosa, tiene fede innanzitutto ai propri principi e, se sbaglia, è consapevole di aver sbagliato ma è altrettanto consapevole che tutto ciò che ha fatto, al momento, ha avuto le sue buone ragioni. Nel giudicare una persona io non credo si possa prescindere da questo genere di valutazioni. Se loro sono abituati a valutare secondo altri criteri, criteri che non mi appartengono, allora io non posso tollerare che tali criteri si applichino alla mia persona, io la mia dignità non la perderò mai. E’ poco ma è una delle mie uniche certezze.

Che poi la ragione non sta sempre tutta da una parte e così anche il torto, ma prendersela col più debole è troppo, troppo, troppo più facile.

E sarebbe proprio bello mandarli tutti a cagare, e scusatremi il turpiloquio che ormai pervade questo blog.
Se domani mi girano faccio come Fantozzi. Spero di avere almeno i miei novanta minuti di applausi!!!

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Catullo, carme 65

Gli appunti di latino sono stati copiati, organizzati, sistemati in modo perfettamente fruibile.

L’ordine delle colonne e dei paragrafi è geometricamente ben riuscito. Tutti collocati e collegati nel posto e nel modo giusto.

Il tratto nero della penna è omogeneo e la grafia non subisce variazioni da rigo a rigo, da pagina a pagina.

La carta è liscia e bianca, i quadretti sono solo lievemente tracciati.

Conto in tutto nove pagine, il contenuto della prima lezione, una gran bella lezione di letteratura latina, dove si è riusciti a parlare di libertà, di democrazia, di umanità, di sentimento, di esistenzialismo, di paura, di morte, di poesia, di arte.

Il discorso segue ampie curve ma è in sé perfettamente logico e lineare, adesso non dovrò ripeterlo né impararlo perché l’ho capito nella misura in cui ne ho fatto completamente mio il messaggio.

Accarezzo con la mano le pagine scritte fitte fitte e sono serena.

Studiare mi fa stare bene, non c’è cosa che ami fare di più al mondo, non c’è cosa che mi venga meglio, non c’è cosa che mi faccia sentire tanto in pace con me stessa.

Il pomeriggio non avrei potuto trascorrerlo in modo migliore.

 

E nell’incontro con questa dimensione di me stessa riesco ad amarmi.

 

Non c’è lavoro che tenga, nei prossimi giorni ne parlerò, perché è successa una cosa brutta, ma qui non entra, la lascio fuori, la soffio via carezzando il foglio di carta liscia.

 

Ancora una volta l’atto dello studio è riuscito ad emozionarmi.

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Quante braccia rubate all'agricoltura!!!

Che ti svegli una mattina e ti chiama una professoressa di Lingua e Letteratura inglese vagamente tecum imparentata per chiederti se è giusto ciò che ha appena risposto al professore di storia il quale a sua volta le aveva chiesto se Il mercante di venezia fosse un’opera di Shakespeare.

Tu ovviamente rispondi che è giusto, così com’è giusto che tu sappia questa cosa che  giustamente sa  il 99% delle persone che conosci.

Quello che non è giusto è che loro che non lo sanno debbano star lì ad istruire gli istruiti di domani.

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Ora io mi chiedo perchè, perchè ogni volta che decido di assumere una posizione defilata, di accodarmi alle scelte degli altri, alle loro iniziative, di svolgere un ruolo marginale, così, di punto in bianco, mi trovo invece ad essere sempre quella su cui ricade oltre che la responsabilità anche la regia del lavoro?

Che io ieri l’avevo detto: fate voi, per me va bene tutto, e poi all’improvviso mi sono vista proporre non solo come portavoce del gruppo nonchè come colei che presenterà il lavoro, ma anche come organizzatrice, ovvero io devo scegliere l’argomento, stilare la struttura del lavoro e assegnarne le parti ad ogni componente, riservando per me la più complicata, questo è ovvio.

Perchè attiro le responsabilità e i lavoracci come i fiori attirano le api?

Che poi, detto tra parentesi, io sono l’unica del gruppo che oltre a dover scrivere la tesina lavora, ma questo non  è importante, perchè io agli altri sembro  wonderwoman, e non riesco a capire come sia possibile.

Caspita io mi sento così fragile, insicura, inadeguata.
Ma probabilmente l’impressione che di me hanno gli altri è completamente diversa se tutti continuano a darmi la responsabilità dei loro lavori, delle loro scelte, la responsabilità delle loro responsabilità.
Persone che ieri mi hanno visto per la prima volta, che mi hanno parlato per qualche ora.

Così stamani mi trovo a lavorare nel mio giorno libero, ha dover stilare lo schema del lavoro che poi comunicherò a tutti via e mail, e, stupida, continuo anche a chiedermi se a loro piacerà.

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Don Chisciotte Da anni la nostra eroina Jelinek combatte, come Don Chisciotte, la sua battaglia impossibile: quella alle multinazionali.
Da anni non compra nulla che sia Nestlè, Barilla, Nike, Coca cola ecc ecc.
Jelinek in effetti si rende conto di non riuscire ad evitare di farlo suo malgrado spesso e volentieri, perchè quando non può analizzare per ore un’etichetta, dovendo fare la spesa al volo, acquista un prodotto, torna a casa, legge i valori ecc e in fondo ci trova un logo di quelli precedentemente elencati.
Ma farlo di proposito questo no.
E lo sa che Nike non fallirà se lei non compra un paio delle loro scarpe in saldo, oppure se non berrà una lattina di Cocacola a cena l’economia mondiale non ne risentirà, e così via, ma nonostante tutto Jelinek non se la sente di dare il suo contributo all’accrescimento dei monopoli e delle  multinazionali. 

Tutto questo popò di preambolo e arriviamo a sabato scorso quando J. e compagno si recano al Carrefour a fare la spesa.
Nella zona dei cereali c’è uno stand della Nestlè con tanto di barrette fitness in offerta, barrette di cui la nostra eroina è molto ghiotta.
L’offerta è buona e le tasche da precaria della sottoscritta ne trarrebbero beneficio.
Ma lei no, non cede e compra un pacco di barrette col marchio del supermercato, tutta felice se ne torna a casa: non ha ceduto e non cederà!

Questa mattina Jelinek si alza tardi, sono giorni che ha il turno di sera e al mattino è dura lasciare il letto caldo e comodo.
Riesce ad assumere la posizione eretta grazie al pensiero del suo caffè bollente, amaro e profumato.

Dopo aver sorbito il suo mega tazzone decide di placare la fame con una delle barrette di cereali  acquistate sabato scorso  e, dopo il primo morso all’immonda accozzaglia di cereali di infima qualità mescolati a qualche sparuta goccia di surrogato di quello che dovrebbe essere cioccolato fondente, si rammarica intimamente di avere dei principi.
Se non ne avesse avrebbe mangiato un’ottima barretta!

Ma allora ditelo care sottomarche che solo io compro che non volete collaborare eh!

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"La quasi luna" di Alice Sebold


La storia di  una donna che  uccide sua madre e, nelle ore immediatamente successive all’omicidio, ripercorre  la sua vita e quella della sua famiglia  segnate spaventosamente dal rapporto con la madre affetta da una malattia mentale.


Piccolo commento personale: Il libro non è male, ma non mi è piaciuto poi troppo. E’ come se mancasse di spessore, fosse poco cerebrale, una narrazione basata sull’introspezione psicologica e alla fine poco introspettivo.
Prevale il mio pregiudizio, oltretutto, realtivo al fatto che a scriverlo sia un’autrice americana, e nella narrazione ci siano  troppe tipiche situazioni americane.
A tratti  mi è sembrato di vedere una scena tratta da quei film che alle volte danno il pomeriggio d’estate sui canali Mediaset.
Ora forse sono stata troppo severa, in fin dei conti il libro mi è piaciuto, ma come pubblico pagante sottolineo anche gli aspetti che mi hanno deluso.

Il senso di questo post invece è un altro.
Ovvero il titolo: La quasi luna, ecco questo sì che invece mi ha fatto pensare.
Perchè la quasi luna sono io quando non mi sento in grado di fare le cose, quando mi fa paura il pensiero di arrivare con le mie gambe in edicola, quando penso che non ce la posso fare a essere normale come tutti.
Quando non mi sento intera.
Come la luna che è piena solo qualche volta e per il resto no.

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Andrò dritta dritta all'inferno!

Oggi venerdì di Quaresima io ho mangiato una cotoletta per cena a lavoro.
Me lo hanno fatto notare  2500 colleghi.
Io ho simpaticamente mandato tutti a cagare.

La cotoletta era buonissima.

Se proprio le vogliamo trovare un difetto quello era il fatto che era fritta, per il resto era buonissima.

Venerdì prossimo direttamente carne di bambino.

Si accettano consigli e ricette per i miei prossimi menù del venerdì.
Adesso diventa una questione di principio, non posso glissare.

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