Gli appunti di latino sono stati copiati, organizzati, sistemati in modo perfettamente fruibile.
L’ordine delle colonne e dei paragrafi è geometricamente ben riuscito. Tutti collocati e collegati nel posto e nel modo giusto.
Il tratto nero della penna è omogeneo e la grafia non subisce variazioni da rigo a rigo, da pagina a pagina.
La carta è liscia e bianca, i quadretti sono solo lievemente tracciati.
Conto in tutto nove pagine, il contenuto della prima lezione, una gran bella lezione di letteratura latina, dove si è riusciti a parlare di libertà, di democrazia, di umanità, di sentimento, di esistenzialismo, di paura, di morte, di poesia, di arte.
Il discorso segue ampie curve ma è in sé perfettamente logico e lineare, adesso non dovrò ripeterlo né impararlo perché l’ho capito nella misura in cui ne ho fatto completamente mio il messaggio.
Accarezzo con la mano le pagine scritte fitte fitte e sono serena.
Studiare mi fa stare bene, non c’è cosa che ami fare di più al mondo, non c’è cosa che mi venga meglio, non c’è cosa che mi faccia sentire tanto in pace con me stessa.
Il pomeriggio non avrei potuto trascorrerlo in modo migliore.
E nell’incontro con questa dimensione di me stessa riesco ad amarmi.
Non c’è lavoro che tenga, nei prossimi giorni ne parlerò, perché è successa una cosa brutta, ma qui non entra, la lascio fuori, la soffio via carezzando il foglio di carta liscia.
Ancora una volta l’atto dello studio è riuscito ad emozionarmi.